martedì 26 marzo 2013

Cipro: la proposta di Krugman




In un articolo recente sul New York Times, Treasure Island Traumail, il noto economista e Premio Nobel Paul Krugman descrive la vicenda di Cipro in relazione ai pericoli che il sistema finanziario globale pone al mondo a cinque anni ormai dall'inizio della crisi globale.
Con una economia reale dello 0,2% del Pil europeo, Cipro ha un settore bancario arrivato anche al 800% del Pil interno ed è un noto paradiso fiscale, dove migliaia di uomini d'affari, non solo russi, hanno aggirato le regolamentazioni fiscali nazionali ed utilizzato il paese con attività di riciclaggio.
Quando la crisi greca ha esposto il sistema finanziario di Nicosia al collasso, il problema è diventato di tutta l'euro zona. Ci sono grandi similitudini, continua l'analisi Krugman, tra Cipro e l'Islanda: entrambe con un settore bancario molto più grande del Prodotto interno lordo, entrambe con investimenti esteri enormi per le agevolazioni fiscali presenti ed un settore finanziario troppo grande da salvarlo intero. La risposta islandese è stata vincente: lasciando fallire le proprie banche, cancellando gli investimenti esteri e proteggendo solo i depositi nazionali, l'Islanda oggi è tornata a crescere e vanta un tasso di disoccupazione molto inferiore a quello medio europeo. Sfortunatamente, prosegue Krugman nella sua analisi, la risposta cipriota è stata diversa e non potrà che continuare ad esserla. Questo perché, non possedendo più la propria moneta, le scelte che condizioneranno il futuro di Nicosia saranno prese a Bruxelles e Berlino, le quali non permetteranno alle banche cipriote di fallire e di non rispettare gli impegni con gli investitori stranieri.
La proposta di Krugman per la soluzione della crisi è dunque copiare quanto fatto dall'Islanda, possibile solo a costo di uscire dall'euro. Tuttavia, le alternative ipotizzate dalla troika sono “solo mezze misure che porteranno Nicosia a perdere molti soldi e tempo”.
Vi è una questione ancora più importante che deve far riflettere sulla questione di Cipro secondo Krugman: dall'inizio della crisi finanziaria del 2007-2008 esistono ancora oggi paradisi fiscali come Cipro e le isole Cayman, attraverso i quali il sistema bancario mondiale riesce ad aggirare le regolamentazioni interne stringenti. Mentre gli istituti di credito attingono ai soldi dei contribuenti, lamentando debiti sempre maggiori e mancanza di liquidità, questi stessi istituti continuano ad utilizzare i paradisi fiscali per i loro tornaconti, esattamente come i privati cittadini. E questo è intollerabile e deprecabile, perché dimostra come il mondo in cui viviamo sia governato da classi dirigenti che “sembrano non voler imparare dai loro disastri”.

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