martedì 19 marzo 2013

l'AntiTroika: l'inizio



La settimana scorsa la troika è tornata ad Atene a dettare la sua linea al governo Samaras.
Cos'è la troika? Perfetta sintesi semantica della deriva autoritaria-tecnocratica che sta imperversando in Europa, questo termine è personificato da tre esperti finanziari (Fmi, Bce, Ue), che hanno il compito di imporre ai Parlamenti nazionali la politica economica da attuare ai paesi più indebitati della zona euro.
La parola d'ordine della troika è l'austerità. Tagli alla spesa pubblica, salari e pensioni. Utilizzata come mantra nei circoli di potere di Bruxelles, Berlino e Francoforte, l'austerità, come scrivono da mesi i Premi Nobel per l'economia Stiglitz e Krugman, è la peggior decisione possibile in una fase di crisi come quella attuale.
Eppure a Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna – i 4 paesi dove è in corso il bailout gestito dalla troika ed a cui potrebbe presto aggiungersi Cipro - la morsa dell'austerità ha creato tassi di disoccupazione record ed un crollo progressivo della ricchezza nazionale. Data la palese inefficacia economica delle misure – i tagli, infatti, non compensano neanche il calo del Pil, in un circolo vizioso recessivo senza fine sulla pelle di risparmiatori, consumatori, lavoratori e pensionati – la domanda è a chi conviene mantenere queste misure?
Il livello di dissenso popolare cresce. Il risultato del Movimento 5 stelle in Italia ed il milione e mezzo di persone che “Si fotta la Troika” ha portato nelle piazze portoghesi un paio di settimane fa, nella totale indifferenza dei media italiani, per protestare contro le misure imposte dall'Europa sono solo due ultimi esempi.
E' ampiamente studiato nella teoria economica come un'unione monetaria non possa fronteggiare gli shock asimettrici senza un bilancio federale. I paesi europei mediterranei devono ribaltare la loro posizione subalterna attuale, ponendo l'enorme pressione che i paesi del Nord gli hanno imposto con le insostenibili misure dell'austerità. Possono farlo solo preparando insieme una bozza di revisione dei trattai europei, volta alla creazione di un bilancio federale. Il passo successivo deve essere quello di dichiarare ai paesi del Nord di essere disposti a continuare nelle misure di tagli ed austerità imposti solo dopo il loro impegno formale verso un'unione politica sul modello degli Stati Uniti. In caso di rifiuto, si smaschererebbe una volta per tutte le ambiguità di Berlino ed in questo caso l'esperimento della moneta unica a 17 deve cessare. E la responsabilità storica avrà un chiaro colpevole.
Non si può proseguire attraverso inutili misure tampone – dai vari fondi salva stati all'European Stability Mechanism fino alla bocca di fuoco illimitata messa a disposizione dalla Bce – sulla pelle dei popoli mediterranei, che non risolvono i problemi strutturali della zona euro.
Gli errori dei paesi maggiormente indebitati dell'Europa sono enormi e vanno condannati. Se la situazione è arrivata al punto di non ritorno attuale, la responsabilità è della corruzione, del mal costume e delle spese pubbliche senza controllo di chi ha governato in quei paesi. Questo deve essere chiaro. Ma, è giunta l'ora che una nuova classe dirigente emerga nei paesi mediterranei ed imponga un cambiamento immediato nella gestione della cosa pubblica interna ed europea. Da quest'ultimo punto di vista è necessario smascherare le ambiguità dei paesi del Nord, ponendoli con le spalle al muro. E vi è una sola possibilità. Difficile, complessa, perché si tratta per i paesi mediterranei di accettare di perdere la sovranità nazionale, ma necessaria per evitare che l'enorme dissenso popolare all'attuale configurazione europea non affluisca nei movimenti estremisti anti-democratici.


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