Cos'è la troika? Perfetta sintesi
semantica della deriva autoritaria-tecnocratica che sta imperversando
in Europa, questo termine è personificato da tre esperti finanziari
(Fmi, Bce, Ue), che hanno il compito di imporre ai Parlamenti
nazionali la politica economica da attuare ai paesi più indebitati
della zona euro.
La parola d'ordine della troika è
l'austerità. Tagli alla spesa pubblica, salari e pensioni.
Utilizzata come mantra nei circoli di potere di Bruxelles, Berlino e
Francoforte, l'austerità, come scrivono da mesi i Premi Nobel per
l'economia Stiglitz e Krugman, è la peggior decisione possibile in
una fase di crisi come quella attuale.
Eppure a Grecia, Portogallo, Irlanda e
Spagna – i 4 paesi dove è in corso il bailout gestito dalla
troika ed a cui potrebbe presto aggiungersi Cipro - la morsa
dell'austerità ha creato tassi di disoccupazione record ed un crollo
progressivo della ricchezza nazionale. Data la palese inefficacia
economica delle misure – i tagli, infatti, non compensano neanche
il calo del Pil, in un circolo vizioso recessivo senza fine sulla
pelle di risparmiatori, consumatori, lavoratori e pensionati – la
domanda è a chi conviene mantenere queste misure?
Il livello di dissenso popolare cresce.
Il risultato del Movimento 5 stelle in Italia ed il milione e mezzo
di persone che “Si fotta la Troika” ha portato nelle piazze
portoghesi un paio di settimane fa, nella totale indifferenza dei
media italiani, per protestare contro le misure imposte dall'Europa
sono solo due ultimi esempi.
E' ampiamente studiato nella teoria
economica come un'unione monetaria non possa fronteggiare gli shock
asimettrici senza un bilancio federale. I paesi europei mediterranei
devono ribaltare la loro posizione subalterna attuale, ponendo
l'enorme pressione che i paesi del Nord gli hanno imposto con le
insostenibili misure dell'austerità. Possono farlo solo preparando
insieme una bozza di revisione dei trattai europei, volta alla
creazione di un bilancio federale. Il passo successivo deve essere
quello di dichiarare ai paesi del Nord di essere disposti a
continuare nelle misure di tagli ed austerità imposti solo dopo il
loro impegno formale verso un'unione politica sul modello degli Stati
Uniti. In caso di rifiuto, si smaschererebbe una volta per tutte le
ambiguità di Berlino ed in questo caso l'esperimento della moneta
unica a 17 deve cessare. E la responsabilità storica avrà un chiaro
colpevole.
Non si può proseguire attraverso
inutili misure tampone – dai vari fondi salva stati all'European
Stability Mechanism fino alla
bocca di fuoco illimitata messa a disposizione dalla Bce – sulla
pelle dei popoli mediterranei, che non risolvono i problemi
strutturali della zona euro.
Gli errori dei paesi maggiormente
indebitati dell'Europa sono enormi e vanno condannati. Se la
situazione è arrivata al punto di non ritorno attuale, la
responsabilità è della corruzione, del mal costume e delle spese
pubbliche senza controllo di chi ha governato in quei paesi. Questo
deve essere chiaro. Ma, è giunta l'ora che una nuova classe
dirigente emerga nei paesi mediterranei ed imponga un cambiamento
immediato nella gestione della cosa pubblica interna ed europea. Da
quest'ultimo punto di vista è necessario smascherare le ambiguità
dei paesi del Nord, ponendoli con le spalle al muro. E vi è una sola
possibilità. Difficile, complessa, perché si tratta per i paesi
mediterranei di accettare di perdere la sovranità nazionale, ma
necessaria per evitare che l'enorme dissenso popolare all'attuale
configurazione europea non affluisca nei movimenti estremisti
anti-democratici.
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