mercoledì 15 maggio 2013

Il tramonto di un sistema


Alberto Bagnai, Il tramonto dell'euro, Imprimatur editor, 2012.




Insieme a Jacques Sapir in Francia, Alberto Bagnai è attualmente tra gli economisti europei più attivi a denunciare i meccanismi economici sviluppatesi nella zona euro e chiedere con forza la fine di un “esperimento insostenibile che sta distruggendo democrazia e benessere in Europa”. 
Come ricorda spesso l'Autore nella sua trattazione, non si tratta di idee rivoluzionarie o di complottismo, ma la semplice riproposizione della teoria economia ortodossa, troppo spesso dimenticata da un'informazione ed un dibattito accademico responsabile. Partendo dalla nota teoria dell'area valutaria ottimale di Mundell e quella del ciclo della crisi esterna di Frankel, per proseguire con gli scritti nelle principali riviste scientifiche del mondo di Dornbusch, Fedstein, Krugman, Alesina, Salvatore fino agli scritti recenti di Sapir e Bootle, Bagnai conia il termine di “romanzo di centro e periferia” per spiegare i meccanismi che hanno portato al collasso i paesi dell'Europa meridionale e che non lascia alternativa alla fine prossima dell'esperimento dell'euro. I vantaggi del centro imposti sulla periferia - mercato di sbocco, sfruttamento dei tassi di interessi maggiori ed impossibilità di svalutare – sono del resto estremamente noti ed alla base di tutte le crisi da Messico 1982 fino ad Argentina 2001.

In una parte molto interessante del saggio, Bagnai cita poi una serie di dichiarazioni rilasciate negli anni da parte dei responsabili politici della costruzione dell'euro, che lasciano il lettore totalmente spiazzato, ma da cui si possono trovare una serie di spiegazioni politiche a scelte totalmente incomprensibili a livello economico. Per citare solo tra le più significative che si possono trovare nel testo: "Sono sicuro che l'euro obbligherà ad introdurre una nuova serie di strumenti di politica economica (riforme liberiste n.d.r.). E 'politicamente impossibile proporli ora. Ma un giorno ci sarà una crisi e nuovi strumenti saranno creati”, Romano Prodi nel dicembre del 2001 sul Financial Times.  “La costruzione europea é una rivoluzione, anche se i rivoluzionari non sono dei cospiratori pallidi e magri, ma degli impiegati, dei funzionari, dei banchieri e dei professori. L'Europa non nasce da un movimento democratico. Essa si crea seguendo un metodo che potremmo definire con il termine di dispotismo illuminato: cessione di sovranità che non sarebbe possibile a livello di nazioni democratiche”, Padoa Schioppa, autunno 1999, Commenataire n. 27 sulla nascita dell’Unione Europea: 1999. “I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti di sovranità nazionali ad un livello comunitario. E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini ad una collettività nazionale, possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto visibile e conclamata”, Mario Monti 22 febbraio 2011, convegno Finanza: comportamenti, regole istituzioni, Università Luiss Guido Carli. “Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere cosa succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno”, Jean Claude Juncker (ex presidente dell’Eurogruppo), 21 dicembre 1999, Der Spiegel, sul modus operandi della Commissione Europea.

Dopo aver denunciato come “terrorista” l'informazione che giudica scenari weimariani come uscita dalla zona euro e aver riproposto l'analisi di Roger Bootle (vincitore del Wolfson Economic Prize 2012), Bagnai conclude con una proposta concreta sottoposta alla politica: Uscire dall'euro e riprendere il controllo della politica valutaria; ristabilire il principio che la Banca centrale è uno strumento del potere esecutivo, e non un potere indipendente all'interno dello Stato; riprendere il pieno controllo della politica fiscale, non più costretta ad agire in funzione pro ciclica; adottare, infine, una politica di scambi con l’estero basata sul principio che squilibri persistenti della bilancia dei pagamenti devono essere simmetricamente combattuti, secondo il principio dell’External Compact.

Si tratta di un libro di un'economista, ma che rappresenta un manifesto politico che deve essere preso in considerazione per una parte politica che sta letteralmente collassando: i risultati attuali del Pasok in Grecia, del partito socialista di Seguro in Portogallo, di Hollande in Francia, Epifani-Letta in Italia, di Gusenbauer in Austria ed in generale in tutta Europa dimostra come la “sinistra” europea non sia in grado oggi di rispondere ad i problemi della modernità ed alla attuale crisi. L'errore di fondo compiuto negli anni'90 - aver accettato di giocare con le carte in tavola imposte dalla destra thatcheriana e reganiana – è esemplificato nella accettazione idolatrica dell'euro, nonostante la svalutazione interna prodotta ed il dimezzamento del potere d'acquisto da parte dei lavoratori. La parabola del Pasok in Grecia, al governo recentemente con Papandreou e Venizelos ed oggi sotto il 5% nei sondaggi con Syriza primo partito, sarà, senza un'inversione di marcia immediata, il destino inevitabile della maggior parte dei partiti socialisti europei.

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